Il 29 marzo 2023 ho partecipato all’evento SEO e INNOVAZIONE a Roma organizzato dal team di Wordlift con un intervento dal titolo “Dalle persone, per le persone. Fare SEO al tempo delle AI. – Un viaggio tra E-E-A-T e GPT alla ricerca della qualità”.
In questo articolo, oltre alle slide del mio intervento, voglio condividere un approfondimento sugli argomenti trattati per fare il punto su quello che è oggi il ruolo della SEO e su quali linee guida impostare l’attività di consulenza. Credo sia fondamentale concedersi il tempo di una riflessione, soprattutto in uno scenario che sta cambiando radicalmente e a grande velocità con l’esplosione degli strumenti basati sulle AI generative.
Indice dei contenuti
Che cos’è la SEO
Quando ci sono in atto cambiamenti è importante tornare alle basi su cui si sostengono le nostre attività. Per questo, per prima cosa, vorrei fissare un principio che è anche la visione che cerco di trasmettere ai clienti.
Solitamente si dice che la SEO è una branca del web marketing e certo si potrebbe affermare che è proprio così, se consideriamo la situazione più comune in cui le attività sono finalizzate alla vendita e alla competizione sul mercato.
Questa però è una collocazione che trovo riduttiva. Fare SEO per me ha a che fare con la comunicazione.
La SEO è comunicazione.
Lo scenario tipico che abbiamo infatti è il seguente:
- Le persone hanno dei bisogni e li esprimono attraverso le ricerche.
- Il motore di ricerca è lo strumento che fa da tramite.
Oggi Google, che è il più utilizzato nel mondo occidentale, è più di un motore di ricerca ed è diventato un ecosistema perché, come spiega bene Giorgio Taverniti nel suo Google Liquido, non si interagisce più con la semplice barra di ricerca, ma esistono diversi punti di accesso a un sistema di servizi attraverso cui si articolano le nostre richieste e ricerche – pensiamo a Discover, News, Lens, Youtube, Maps, Assistant con la ricerca vocale ecc. - I siti web esistono per degli scopi e con i loro contenuti e risorse si propongono di raggiungere tali scopi e soddisfare le necessità degli utenti.
Tra questi soggetti della comunicazione c’è la SEO e ci siamo noi consulenti. Il nostro lavoro ha a che fare con la comunicazione perché si occupa di:
- capire come le persone ricercano e quali sono i loro intenti in base ai bisogni espressi
- capire com’è fatto l’ambiente di ricerca attraverso le sue linee guida e una profonda attività di reverse engineering
- studiare strategie e tattiche per fare in modo che un sito possa comunicare al meglio le sue risorse
L’obiettivo è quello di far incontrare domanda e offerta e in definitiva soddisfare i bisogni di chi ricerca e di chi vuole essere trovato.
Qualunque sia lo scenario tecnologico in cui ci muoviamo, questa relazione è sempre valida.
Abbiamo persone con bisogni reali che cercano risposte soddisfacenti e risorse che possono/vogliono essere trovate (e che auspichiamo essere di qualità o che lo diventino).
Ho voluto sottolineare questi concetti perché sono nel settore della SEO da tanto tempo e con l’hype degli strumenti basati sull’AI generativa mi sembra di rivedere la tendenza a cercare la soluzione facile, magari efficace nel breve periodo, a discapito della qualità e della soddisfazione di questo principio. Questa può essere una grossa debolezza in un progetto online e può causarne l’insuccesso se non danni sul lungo periodo.
La SEO, possiamo dire oggi con maggior fermezza, è complessità e incertezza, è tanti “dipende”, ma sicuramente non è un bottone che si schiaccia e risolve i problemi. Non è dunque il tool del momento con dei punteggi standard da ottenere o una regola su quanto deve essere lungo un articolo o quante volte deve comparire una parola chiave e dove. Google ha smesso di ragionare in termini di parole chiave da almeno una decina d’anni (vedi: Introducing knowledge graph, things not strings) eppure per molti la SEO è ancora quella cosa lì.
Ho iniziato a fare SEO nel 2010 e più di 10 anni fa, come adesso, non esiste una ricetta SEO unica. A maggior ragione oggi che nell’ecosistema Google non abbiamo più così tanto controllo sulle nostre risorse, è ancora più difficile dire: si fa così. Per questo ciò che vorrei trasmettere è piuttosto un metodo, sostenuto da una visione, che mi accompagna dall’alba del mio lavoro e vorrei farlo a partire proprio dal concetto di qualità.
Che cos’è la qualità per Google
Anche se il buon senso ci può aiutare nel giudizio di una risorsa, il concetto di qualità che abbiamo come persone rientra comunque nel campo delle opinioni e delle valutazioni soggettive. Quello che ci interessa in una strategia SEO è cercare di stabilire come il concetto di qualità per le persone si incontri con i criteri di Google.
Per farlo ci vengono in aiuto le sue risorse ufficiali e in particolare le linee guida dei Search Quality Raters.
Sappiamo che i quality raters sono persone umane a cui vengono sottoposti una serie di risultati di Google da valutare. Queste valutazioni non hanno effetto diretto sul ranking dei siti o sulle SERP, ma servono a Google per perfezionare i suoi algoritmi.
Le linee guida sono un manuale molto dettagliato che istruisce le persone sui criteri per giudicare le pagine e i contenuti e penso siano molto utili e interessanti proprio perché offrono un punto di vista orientato alle persone e non al motore di ricerca.
I concetti sui cui ci concentriamo alla ricerca della qualità sono quelli espressi dall’acronimo E-E-A-T.
Cosa significa EEAT e a cosa serve
L’acronimo EEAT significa Experience, Expertise, Authoritativeness, Trustworthiness ovvero in italiano esperienza, competenza, autorevolezza e affidabilità.
Questi quattro termini rappresentano un sistema di criteri con cui vengono analizzati e valutati contenuti presenti sul web. In questa valutazione entrano in gioco numerosi fattori le cui sfumature non possono essere colte semplicemente da un algoritmo ma necessitano del giudizio umano.
Per tutti quei SEO che cercano attraverso il reverse engineering di trovare la regola sempre valida, mi dispiace, ma in questo caso non è davvero possibile. (Esistono e ho testato alcuni script in Python che con le API di GPT promettono di valutare un contenuto rispetto ai parametri di E-E-A-T, ma per quanto possano rappresentare un aiuto miglioramento dei contenuti, sono insufficienti se utilizzati senza la valutazione umana).
La qualità dei contenuti secondo Google EEAT
Secondo Google, il contenuto di qualità per eccellenza non si definisce in base alla tipologia, ma al suo obiettivo: deve avere uno scopo benefico, ossia deve essere utile per gli utenti.
Non esiste un solo tipo di contenuto di qualità, ma questo cambia in base allo scopo della pagina e all’intento che si vuole soddisfare.
Cominciamo col ribadire che E-E-A-T non è un fattore di ranking, né un punteggio misurabile in maniera algoritmica.
Questo è ancora più importante nel caso di contenuti che rientrano nella categoria YMYL (“your money your life”), quelli che hanno impatto diretto sulla vita delle persone, sul loro benessere, sulla salute e sulle loro finanze.
Il lavoro di un quality rater passa dal’individuare gli elementi del sito, la home e i tipi di pagina, il loro scopo e chi li ha creati, quindi determina se il contenuto principale di una pagina in esame risponde ai diversi criteri di qualità.
Vediamoli nel dettaglio.
E – Experience (Esperienza)
È stata introdotta con l’aggiornamento delle linee guida di ottobre 2022 e stabilisce la misura in cui chi ha creato i contenuti ha esperienza diretta e in prima persona di ciò di cui parla.
Molti tipi di pagine raggiungono bene il loro scopo se sono create da persone con una ricca esperienza personale. Del resto, ci fideremmo della recensione di un ristorante se chi la scrive non avesse assaggiato i suoi piatti o di un qualsiasi prodotto senza averlo testato?
E- Expertise (Competenza)
Indica la competenza rispetto all’argomento trattato, che non vuol dire solo avere titoli di studio o riconoscimenti ufficiali, ma anche competenza informale data, ad esempio, da una lunga esperienza sul campo. Pensiamo a una persona che si occupa di SEO da 15 anni, sicuramente non avrà una laurea in SEO ma può essere ugualmente competente se ha avuto modo di fare esperienza su numerosi progetti nel tempo.
Competenza ed esperienza possono avere sovrapposizioni e sfumature che, a seconda dello scopo della pagina, possono dare maggior valore alla qualità del progetto. Nelle linee guida vengono riportati alcuni esempi, in particolare per i contenuti YMYL.
A- Authoritativeness (Autorevolezza)
È il fattore che riguarda la misura in cui il sito o l’autore/autrice sono riconosciuti come fonti affidabili e di riferimento per l’argomento trattato. Va da sé che tale riconoscimento, se da un lato può essere costruito sviluppando competenza ed esperienza, dall’altro ha bisogno di riconoscimenti esterni.
T- Trust (Affidabilità)
I tre fattori visti fin qui concorrono alla costruzione del valore più importante che è la fiducia: un sito deve essere affidabile e sicuro non solo per la somma, ma anche al di là di questi tre aspetti. Per citare l’esempio di Google: una truffa finanziaria è inaffidabile, anche se il creatore del contenuto è un truffatore esperto e di grande esperienza, considerato il miglior riferimento per le truffe!
Quando si tratta di stabilire la qualità della pagina, la valutazione dell’E-E-A-T si muove su molti elementi e aspetti:
- Tiene conto di ciò che il sito web o autori/autrici dicono di loro stessi, attraverso i loro profili e le pagine “about” o “chi siamo”.
- Considera cosa dicono gli altri del sito web e degli autori/autrici attraverso referenze, citazioni, notizie e recensioni indipendenti, articoli e altre prove affidabili sull’esperienza, l’autorevolezza e l’affidabilità del progetto.
- Valuta cosa è visibile sulla pagina, dal contenuto principale alle sezioni minori come i commenti.
Come si applica EEAT ai contenuti generati con AI
Con l’ascesa delle AI generative molti hanno cominciato a chiedersi come vengono valutati questo tipo di contenuti da Google: sono indicizzati? vengono penalizzati? possono avere un buon ranking e quindi essere considerati di qualità?
A febbraio 2023 Google ha aggiornato le sue linee guida con indicazioni sui contenuti generati dall’AI e ci dice due cose fondamentali:
- non è importante come sono prodotti i contenuti, ciò che conta è che siano utili per le persone
- la generazione automatica di contenuti non va in contrasto con le linee guida se questi non vengono usati per manipolare il motore di ricerca e, quindi, se non si usano per fare spam
Prima di chatGPT esisteva già il text spinning, ossia la produzione di testi in maniera industriale e automatizzata, ora questa può diventare semplicemente una pratica più accessibile e quindi di massa: da questo punto di vista, il discorso sulla qualità e l’utilità non è poi tanto cambiato, anche se lo scenario tecnologico e gli strumenti disponibili lo sono già decisamente.
A questo punto, dopo le considerazioni teoriche, vediamo una serie di take away pratici e di visione su cosa voglia dire fare dei contenuti di qualità che possano rispondere ai criteri E-E-A-T e quale può essere la roadmap dell’attività SEO oggi, nel 2023, e per il futuro.
Consigli SEO per EEAT: 8 take away
- Leggere le linee guida dei Quality Raters e prendere esempio
Questo documento viene decisamente sottovalutato, eppure è una preziosa riserva di indicazioni e consigli che aiutano a osservare le cose dalla prospettiva del motore di ricerca che lavora “per le persone”. Non sempre Google riesce a offrire risultati utili e di qualità, ma ciò non significa che sia sbagliato seguire la direzione indicata.
Negli esempi forniti si trovano tanti spunti utili da applicare ai propri progetti, la visione è sempre rivolta a lavorare sul dettaglio del contenuto, ma anche al progetto nel suo complesso.
Nel 2018 Danny Sullivan ha scritto su Twitter un consiglio che condivido completamente:
“Want to do better with a broad change? Have great content. Yeah, the same boring answer. But if you want a better idea of what we consider great content, read our raters guidelines.”
(Fonte: @dannysullivan).
- Costruire autorevolezza attraverso una solida strategia di contenuti
Per diventare una fonte di riferimento per l’argomento o il settore di interesse è importante riuscire a soddisfare più bisogni possibili intorno al tema scelto: una content strategy in grado di coprire quanti più argomenti possibili rafforza la considerazione verso la fonte perché è lì che ogni domanda troverà risposta. E un po’ come essere la “Wikipedia” del proprio settore.
Le strategie di contenuti possono essere sviluppate in molti modi e con strumenti diversi a seconda di come abbiamo costruito il nostro flusso di lavoro e questa può essere una variabile interessante da considerare nel momento in cui si affacciano sulla scena nuove tecnologie, come stiamo vedendo con gli strumenti basati sui LLM e AI generative.
Negli esempi riportati nelle slide abbiamo un tool avanzato che è SEOzoom che offre diversi strumenti per esplorare temi, concetti e parole chiave, come Keyword infinity con cui coprire un’ampia rosa di questioni intorno a un argomento:
Poi ci sono alcuni strumenti basati su AI come la ricerca di Bing in modalità chat o la stessa ChatGPT da utilizzare con prompt specializzati.
Questa strategia può essere applicata in tutti i contesti, da quelli più creativi a quelli che sembrano davvero difficili da approcciare dal punto di vista dei contenuti perché apparentemente noiosi o di scarso interesse, come può essere il caso di un’azienda B2B che si occupa di bulloni. Ma non dimentichiamoci che i bisogni delle persone sono molteplici e possono avere a che fare anche…con i bulloni!
- Costruire rilevanza per i motori di ricerca
Dopo aver progettato i contenuti e le risorse mettendo le persone al centro della strategia, è importante far comprendere anche al motore di ricerca la struttura informativa che abbiamo costruito e le entità di cui si occupa il progetto, così da guadagnare rilevanza rispetto agli argomenti trattati.
Una buona architettura dell’informazione è sicuramente il primo passo per facilitare l’esplorazione dei contenuti, questo vale per le persone tanto quanto per i crawler di Google che scansionano i siti.
A questo possiamo aggiungere l’implementazione del markup di dati strutturati in modo da aggiungere un livello di precisione di cui il motore di ricerca necessita e che potrebbe non cogliere, proprio perché non ha a disposizione il senso di comprensione che hanno gli esseri umani.
Per questa attività si può procedere in diversi modi, con implementazioni manuali o semi-automatizzate, ma esistono già strumenti avanzati basati su AI che assistono e facilitano in questo compito, come ad esempio la piattaforma Wordlift.
- Costruire autorevolezza con autori/autrici umane ed esperte
Possiamo lavorare sul nostro valore come creatori e creatrici di contenuti, ma non è sempre possibile coprire tutti gli ambiti di conoscenza. Per questo è importante dare valore al progetto con contenuti realizzati da persone in grado di dimostrare esperienza e competenza.
Nell’esempio, il sito healthline.com riporta per ogni articolo una cronologia della storia della sua redazione e delle revisioni, con nomi che rimandano a pagine di autori e autrici dove vengono descritti titoli di studio ed esperienze. Questa struttura, oltre a essere un segnale di affidabilità e autorevolezza per le persone, può essere sostenuto anche dagli specifici markup di dati strutturati per rafforzare la rilevanza anche dal punto di vista del motore di ricerca.
- Costruire autorevolezza con relazioni umane
Da molto tempo sono dell’idea che le attività di link building possono portare più danni che vantaggi. Ci vuole molta cautela nella scelta dei luoghi in cui pubblicare advertorial e spesso l’industrializzazione del processo può incidere negativamente sul risultato. Ovviamente questo “dipende” da caso a caso.
Per Google, tuttavia, link e citazioni hanno ancora un grande valore per stabilire l’autorevolezza di una risorsa, proprio come ci suggeriscono le linee guida: per capire se un sito o un contenuto è degno di fiducia bisogna considerare anche cosa dicono gli altri e che uso fanno del contenuto.
Realizzare contenuti di qualità, risorse veramente utili che risolvono problemi in maniera pratica ed esaustiva, è un valore raro e per questo possono diventare con naturalezza delle fonti da citare e a cui fare riferimento.
È un processo di buon senso che sicuramente può sembrare oneroso, ma che può ripagare lo sforzo sul lungo periodo.
Quindi, per citare un collega e una conversazione sul tema che si è svolta sul forum connect.gt: non comprate i linketti, ma costruite relazioni umane e risorse di valore per soddisfarle.
- Costruire fiducia rispetto all’uso dell’AI
Abbiamo visto che l’introduzione delle AI generative nei processi di creazione di contenuti può avere una sua utilità ed efficacia se l’obiettivo rimane quello di creare qualità per gli utenti.
Nell’esempio riportato, il sito bankrate.com ha scelto di generare gli articoli con tecniche automatizzate a cui ha affiancato un processo di revisione ed editing da parte di persone. Ciascuna fase viene comunicata agli utenti in modo trasparente e questo trasforma una pratica di ottimizzazione del lavoro in un valore aggiunto: l’AI viene utilizzata per rendere più efficienti alcune attività e permettere di investire maggiormente sulla qualità e la comunicazione diventa un fattore di fiducia per lettori e lettrici.
In un mondo in cui spesso si ingannano le persone, questo può diventare un elemento di differenziazione e un segnale di affidabilità.
- Etica e responsabilità nell’uso dell’AI
Chiediamoci sempre, come consulenti, se stiamo guidando il cliente verso una soluzione facile ma potenzialmente pericolosa per sé e per gli altri o verso scelte che conservano etica e responsabilità. Ci sarà sempre chi lavora con pratiche sleali o irresponsabili, ma abbiamo la possibilità di scegliere e orientare le scelte altrui verso i valori che riteniamo etici per noi e gli altri.
Google ha una sezione dedicata ai principi di utilizzo dell’AI e il dibattito etico a mio parere deve andare di pari passo con quello tecnico e tecnologico.
Aleksandr Tiulkanov, esperto di AI, Data & Digital Policy, ha condiviso su Linkedin il grafico di un algoritmo per decidere se e quando usare ChatGPT e trovo sia davvero efficace nella sua semplicità
- Sviluppare un metodo a prova di algoritmo e di evoluzioni tecnologiche
Fare SEO oggi ha molte cose in comune con quello che finora si è fatto, se abbiamo lavorato nell’ottica della qualità.
Dunque è importante continuare a fare le “solite cose” e, se ancora non l’abbiamo fatto, sviluppare un metodo solido che possa valere in qualsiasi scenario: al tempo delle AI, mettere al centro le persone è ancora più importante per non perdere il principio di comunicazione su cui è incentrata l’attività SEO.
Quindi se vogliamo indicare una roadmap SEO, ecco la mia:
- Analisi delle Search Personas e dei bisogni
- Analisi degli argomenti/keywords e degli intenti di ricerca
- Progettare un’architettura informativa solida ed esaustiva
- Progettare risorse e contenuti utili che soddisfino gli intenti di ricerca
- Redazione dei contenuti con uno stile naturale (dimenticandosi della SEO quando si scrive)
- Redazione dei microcontenuti: metatag title, description, ecc
- Implementazione delle entità attraverso il markup dei dati strutturati
- Miglioramenti tecnici di tutti gli aspetti del sito legati a usabilità ed esperienza utente
E infine studio e sviluppo di nuovi strumenti di lavoro, come l’integrazione dell’AI nei processi ripetitivi e a basso valore, che ci permettano di avere più tempo da dedicare alla qualità.